Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

La psicoterapia cognitivo comportamentale si basa sull’assunto che vi è una stretta interdipendenza tra pensieri, emozioni e comportamenti, nel senso che ciò che una persona prova e il modo in cui si comporta sono determinati da ciò che la persona pensa.

Il cervello infatti elabora le informazioni offerte dagli eventi ambientali (stimoli) utilizzando schemi che operano automaticamente, senza un’attenzione consapevole del soggetto. In base al modo in cui interpretiamo le situazioni, viviamo determinate emozioni e mettiamo in atto determinati comportamenti.

Ad esempio, immaginiamo due persone Alfa e Beta che stanno facendo la spesa al supermercato. Improvvisamente succede un black out che dura vari minuti. Alfa pensa: “Che scocciatura, spero che risolvano in fretta il problema, così posso terminare la spesa e tornarmene a casa”. Beta invece interpreta la situazione come un pericolo che sta per accadere, si chiede se è scoppiato un incendio in qualche punto del supermercato, o se forse qualcuno sta per fare una rapina. Mentre Alfa prova solo un leggero fastidio per la situazione, le emozioni provate da Beta sono ben diverse. Ella inizia a sudare, a sentire un “nodo alla gola”, a provare agitazione, in pratica ad avere sintomi di ansia. Mentre Alfa rimane ferma ad aspettare che il problema sia risolto, Beta si guarda attorno con apprensione e cerca di uscire il più in fretta possibile dal supermercato.

L’interpretazione degli eventi deriva dalla necessità di dare un senso a ciò che ci circonda ma, essendo la realtà costituita da numerosissimi stimoli, abbiamo la necessità di organizzare l’esperienza. Con il passare del tempo le varie interpretazioni portano ad alcuni convincimenti e apprendimenti, che possono essere più o meno aderenti alla realtà e più o meno funzionali al benessere della persona.

Il modello cognitivo sostiene che ci sono tre livelli di cognizioni:

  • convinzioni profonde o schemi cognitivi;

  • convinzioni intermedie;

  • pensieri automatici.

Sin dall’infanzia le persone sviluppano alcune convinzioni su sè stessi, sugli altri e sul mondo. Sono comprensioni così profonde che spesso le persone non le esplicitano neppure a sè stesse; sono considerate verità assolute. Quando la credenza di base è attivata, la persona interpreta le situazioni attraverso le lenti di questa credenza, nonostante l’interpretazione sia, su basi razionali, palesemente falsa. Così la credenza si mantiene.La tendenza stabile ad attribuire un certo significato agli eventi è chiamata schema. Esso è globale, rigido e ipergeneralizzato; può riguardare sè stessi (schema di sé), gli altri (schema dell’altro) e la relazione con l’altro (schema interpersonale).

Quando un tema di pensiero si presenta costantemente in circostanze problematiche, viene considerato l’espressione di uno schema disfunzionale. Ad esempio una persona con uno schema di sè “sono impacciato, inadeguato nei contesti sociali”, vive con forte disagio e senso di vergogna ogni situazione di tipo sociale (una cena, una riunione, un incontro casuale con un conoscente, ecc.), situazioni che cerca abitualmente di evitare ma, se non è possibile, affronta con grande disagio e ansia.

Le convinzioni intermedie sono più malleabili rispetto alle convinzioni di base, sono idee o interpretazioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo che ci permettono di organizzare l’esperienza, prendere decisioni in tempi brevi e orientarci nelle relazioni con le altre persone. Esse sono costituite da opinioni (es. “È terribile fare un errore al lavoro”), regole (es. “Devo sempre essere la più brava della classe”) e assunzioni (es. “Se lavoro sodo conquisto la stima dei miei colleghi”).

Le cognizioni più vicine alla consapevolezza conscia sono i pensieri automatici, che sono delle parole, piccole frasi o immagini che attraversano la mente della persona ad un livello più superficiale (es. “Non combinerò mai niente di buono!”). Più che dei pensieri, siamo consapevoli delle emozioni che ne conseguono. I pensieri che ne sono alla base possono essere identificati prestando attenzione ai cambiamenti dell’umoreo alle sensazioni corporee (es. nodo alla gola, sudorazione, ecc.); in quel momento è opportuno chiedersi: “Che cosa mi stava passando per la mente?”. Dunque i pensieri automatici sono direttamente responsabili delle emozioni che proviamo. Sono pensieri corti, velocissimi, quasi telegrafici (es. “‘sarà un disastro”), sono angoscianti perché producono emozioni negative, sono distorti perché forniscono interpretazioni erronee e poco realistiche degli eventi. Tali pensieri sono peculiari delle persone con una sofferenza psicologica, ma sono sperimentabili da tutti.

Il modello cognitivo si basa sull’assunto che, attraverso le esperienze che facciamo a partire dall’infanzia e via via nel corso della vita, ci formiamo delle convinzioni soggettive (cognizioni) che condizionano il nostro modo di “percepire”, di “capire” gli avvenimenti, di “interpretarli”, e che condizionano di conseguenza le nostre azioni ed il nostro comportamento.

In alcuni casi, infatti, il pensiero distorto e disfunzionale può portare allo sviluppo di circoli viziosi che mantengono la sofferenza nel tempo. Ad esempio, una persona con depressione può pensare di sé “Sono un fallito!” (pensiero) e provare uno stato di tristezza (emozione); a sua volta, la tristezza porta all’apatia e alla passività (comportamento), che possono essere interpretate dal soggetto come un ulteriore prova del proprio fallimento personale: “Sto qui senza fare niente, sono proprio un fallito!” (pensiero); tale interpretazione può generare altra tristezza (emozione) e così via in un circolo vizioso che si automantiene.

I disturbi emotivi sono dunque il prodotto di circoli viziosi che mantengono i sintomi nel tempo. E’ necessario, pertanto, interviene sui pensieri automatici negativi, sulle convinzioni intermedie e sugli schemi cognitivi disfunzionali al fine di regolare le emozioni dolorose, interrompere i circoli viziosi che mantengono la sofferenza nel tempo e creare le condizioni per la soluzione del problema.

Gli studi scientifici sul trattamento dei disturbi emotivi indicano che se si ottiene una modificazione profonda delle convinzioni si hanno meno probabilità di ricaduta in futuro.

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