Disturbi psichici e servizi psichiatrici: sapere cosa ne pensano i MMG per una formazione efficace

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato come prioritari per la cura dei disturbi mentali non tanto la scoperta di nuovi trattamenti, quanto il favorire l’accesso alle strutture sanitarie e la diffusione dei trattamenti efficaci disponibili; evidenziando come i principali ostacoli siano rappresentati dai pregiudizi che sottendono lo stigma che accompagna le persone che soffrono di disturbi psichici, i loro familiari e i servizi che li assistono.

La questione del pregiudizio non riguarda solo la popolazione generale, ma anche gli operatori sanitari: diventa quindi strategico, per la definizione di programmi di formazione finalizzati ad aumentare le abilità di presa in carico e gestione delle problematiche connesse  con la salute mentale, la conoscenza delle convinzioni in tale ambito delle persone a cui tali programmi sono diretti, al fine d costruire dei pacchetti formativi specifici per target specifici di fruitori. In questa logica il DSM dell’Azienda ULSS 18 di Rovigo, nell’ambito del proprio programma di prevenzione, ha avviato una ricerca finalizzata alla conoscenza delle opinioni della popolazione sui disturbi psichici e i Servizi che li assistono che coinvolge un campione costituito da:

  • Un gruppo rappresentativo della popolazione generale.
  • Un  gruppo rappresentativo degli operatori sanitari e sociali operanti nell’Azienda ULSS 18.
  • Studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori.
  • Medici di Medicina Generale operanti nell’Azienda ULSS 18 di Rovigo.

In questa sede esporremo quanto emerso fra i MMG.

Metodologia

Il questionario è stato proposto ai 138 medici di Medicina Generale; 120 hanno dato la loro disponibilità e a questi è stato sottoposto il questionario distribuendolo in parte durante il corso di psichiatria per MMG tenuto nella seconda parte del 2002, in parte tramite posta. I medici che hanno risposto al questionario sono stati 83, di cui 27 femmine e 56 maschi, età media di 46,2 anni.

Il questionario è suddiviso in cinque parti: la prima è relativa alle caratteristiche socio-demografiche, la seconda indaga le informazioni che i soggetti hanno circa i disturbi mentali. La terza parte riguarda l’atteggiamento nei confronti delle persone con disturbi; la quarte parte esplora le informazioni sull’assistenza psichiatrica, mentre l’ultima parte approfondisce l’atteggiamento verso l’attuale organizzazione dell’assistenza psichiatrica. Gli item della seconda e terza parte sono stati tratti da Wolff et al. (1996); gli item della quarta e quinta parte sono stati tratti da Kemali et al. (1989).

Analisi Statistiche

Considerata la natura delle variabili in oggetto, di tipo qualitativo, l’elaborazione statistica dei dati è stata condotta essenzialmente attraverso analisi di tipo descrittivo (distribuzione di frequenze) e analisi non parametriche (test del chi-quadrato). Le analisi sono state effettuate mediante software statistico “Package for Social Sciences (SPSS) for Windows, versione 10.1”.

Risultati

Una descrizione dei risultati dei questionari attraverso un’analisi delle frequenze e delle tavole di contingenza mostra come l’89,2% dei MMG ritenga di essere in grado di riconoscere una persona che soffre di un disturbo mentale; a fronte di tale autovalutazione i dati della letteratura internazionale indicano come la frequenza del riconoscimento dei disturbi psichici si collochi fra il 50 e il 70%. Gli elementi attraverso cui avviene il riconoscimento delle persone con disturbi psichici sono “le cose che dicono” (83,1%) e “le cose che fanno” (85,5%), mentre “il loro aspetto” appare meno influente (37,3%). I primi 2 elementi appaiono strettamente associati (p = 0,000), il 92,7% dei MMG che danno rilievo all’eloquio considera il comportamento fondamentale per la diagnosi; è interessante osservare come tuttavia i primi ritengano che le persone con disturbi mentali abbiano un’intelligenza pari o superiore agli altri (88,4%), mentre non sembrano connotare “il quello che fanno” con l’aggressività (69%).

A livello del campione globale, la percentuale di medici che attribuiscono al paziente un’intelligenza pari o superiore alla media è dell’89,1%, mentre il 74,7% ritiene che le persone affette da disturbi mentali siano aggressive come (71%) o meno degli altri (3,6%). Molti medici (66,3%) ritengono che le cause delle malattie mentali non siano note, ma che comunque queste possano essere trasmesse ai figli (62,7%); da segnalare come il 71,1% di questi ultimi sia convinto della trasmissibilità, pur sostenendo che l’etiopatogenesi non è nota. La gran parte dice di aver ricevuto informazioni sui disturbi mentali da testi o convegni, c’è tuttavi un 14,4% che fa risalire le informazioni di cui è in possesso al proprio corso di laurea.

Passando alla sezione relativa agli atteggiamenti nei confronti delle persone con disturbi mentali, i MMG (60,2%) ritengono che se una di queste venisse ad abitare dalle parti di casa loro la gente la tratterebbe diversamente dalle altre persone, il 18,1% ritiene che non vi sarebbero discriminazioni, pressochè inverse sono le percentuali se si chiede “Lei personalmente tratterebbe questa persona in maniera diversa?”: il 61,4% risponde no e un 15,7% si; in entrambi i casi vi è un’area consistente di “non so”.

Incrociando le due domande (p = 0,003) possiamo vedere come il gruppo che attribuisce agli altri un atteggiamento diverso nei confronti delle persone affette da un disturbo mentale rispetto alle persone sane sia formato: da tutti quelli che si riconoscono un atteggiamento discriminatorio, dal 73,7% di quelli che non sanno come si comporterebbero nella situazione e dal 45,1% di quelli che dichiarano che non adotterebbero atteggiamenti diversi nei confronti di queste persone. Il 53% del campione si è dichiarato disponibile a lavorare assieme a queste persone, mentre è consistente il gruppo dei “non so” (34,9%). Segnaliamo come il 62,7% di quelli che hanno dichiarato che non farebbero differenze di atteggiamento nei confronti di persone con disturbi mentali abbia detto che lavorerebbero con questi.

Il fatto di aver sofferto in passato di un disturbo mentale (10,8%) tende a influenzare negativamente l’atteggiamento verso altre persone affette dallo stesso disturbo. Gli intervistati concordano (94%) sul fatto che “non sia giusto che le persone possano sentirsi in colpa a causa del proprio disturbo mentale” e dichiarano (54,2%) di frequentare luoghi frequentati anche da queste persone, mentre il 42,2% nega questa evenienza.

Alla domanda “Se una persona con disturbi mentali dovesse venire a vivere nel suo quartiere, pensa che troverebbe qualche opposizione da parte del vicinato?”, le risposte dei MMG si distribuiscono uniformemente fra no (36,1%), non so (31,3%) e si (32,5%); quando la domanda viene riferita a sè, il 54,2% risponde no, l’82% di questi sono le persone che avevano affermato che non avrebbero avuto atteggiamenti diversi con problemi psichiatrici (p = 0,000), cresce l’area dei “non so” (33,7%) e un 12% risponde affermativamente. Nel caso di un parente affetto da un disturbo psichico solo il 53% si sentirebbe di parlarne con un amico, mentre un 23,4% non ne parlerebbe e altrettanti dicono di non sapere che atteggiamento assumerebbero.

Passando alle informazioni sull’assistenza psichiatrica, il 94% dei MMG è a conoscenza che “una legge approvata nel 1978 stabilisce che nessuna persona affetta da disturbo mentale può più essere ricoverata in ospedale psichiatrico. In caso di crisi il ricovero può avvenire in un reparto psichiatrico all’interno dell’ospedale generale. Al di fuori dei periodi di crisi l’assistenza psichiatrica viene fornita in strutture all’esterno dell’ospedale”. Se ci soffermiamo sugli atteggiamenti verso l’assistenza psichiatrica emerge come il 48,2% giudichi inopportuna la chiusura degli ospedali psichiatrici contro un 33,7% che si dichiara favorevole.

Sembra invece esservi un buon consenso (67,5%) sull’inserimento delle persone dimesse dagli ospedali psichiatrici in piccole strutture presenti sul territorio; questo dato potrebbe assumere significati opposti (p = 0,000) dato che di questi il 48,2% è costituito dagli stessi che concordavano con la chiusura dell’OP e il 37,5% da color che erano contrari. Il 56% del campione considera vantaggiose per il paziente le modalità di assistenza previste dalla legge a fronte di un 25,3% che ne dà una valutazione negativa e di un 18,3% che è incerto; la valutazione positiva (p = 0,000) è data sia da persone favorevoli (58,7%) che contrarie (26,1%) o incerte (15,2%) sull’opportunità di chiusura dell’ospedale psichiatrico (ricordiamo che nel 1995 quello di Rovigo accoglieva 232 persone).

Gli intervistati non sembrano esprimere una posizione netta sulla questione “se il tipo di assistenza previsto dalla legge di riforma psichiatrica sia più costoso o più economico di quello tradizionale”, il 31,3% lo ritiene meno costoso contro un 30,1% che lo ritiene più costoso e un 37,3% che non è in grado di esprimere un’opinione.

Molti (43,4%) ritengono che la legge di riforma non abbia trovato applicazione (26,5% si, 28,9% non sanno), pertanto ritengono (67,5%) che la legge di riforma psichiatrica debba essere modificata, il 20,5% pensa che dovrebbe essere mantenuta e il 3,6% abolita. Incrociando le risposte possiamo vedere come il 58,3% dei medici che ritengono che la legge di riforma non abbia avuto attuazione si era dichiarato contrario alla chiusura dell’OP, a questo stesso gruppo tuttavia appartiene la maggior parte dei medici che, alla prova dei fatti, riconosce che la riforma è stata attuata.

Diversa è invece la distribuzione  dei medici che si sono dichiarati favorevoli alla chiusura del manicomio, il 32,1% pensa che non sia stata data piena attuazione alla riforma, il 39,3% non assume posizione mentre solo il 28,6% ritiene che siano state realizzate le condizioni previste dalla normativa. Questo gruppo di medici di conseguenza ritiene che la legge sull’assistenza psichiatrica vada modificata (53,5%), mentre solo il 42,8% ritiene che possa essere mantenuta. Più compatto invece sulla necessità di modificare la normativa (80%) è il fronte di quanti avevano ritenuto non opportuna la chiusura dell’OP (p = 0,000). Un dato da segnalare è come il 66,6% delle persone che non hanno espresso un’opinione sull’attuazione della legge ne ritenga comunque opportuna la modifica.

Non stupisce, quindi, come il 55,4% ritenga che debba essere ripristinata la possibilità del ricovero in ospedale psichiatrico a fronte del 32,5% contrario; fra i favorevoli, il 76% è rappresentato da persone che avevano giudicato non opportuna la chiusura dell’OP (p = 0,000). Sembra esservi consenso unanime (83,1%) sul fatto che la situazione dell’assistenza psichiatrica comporti un carico eccessivo sulle famiglie delle persone con disturbi mentali, consenso che accomuna i medici indipendentemente dall’opinione e sull’utilizzo o meno delle strutture residenziali. Nella valutazione della cura delle persone con disturbi mentali all’esterno degli ospedali psichiatrici prevale l’opinione che questa abbia avuto conseguenze positive per i pazienti (41%), appare rilevante il fatto che il 30,1% ritenga che abbia avuto conseguenze negative e che il 28,9% non abbia un’opinione in proposito; è interessante osservare come di queste il 75% si sia dichiarato d’accordo con l’utilizzo delle comunità per i pazienti dimessi dall’OP, come il 94,1% delle persone che hanno dato una valutazione favorevole (p = 0,000). Questo evidenzia le diverse funzioni e significati cui assolvono nell’immaginario le strutture residenziali, ora risposta alternativa ora possibilità di “mettere fuori” il problema.

Collegando la valutazione delle ricadute dell’assistenza con l’opinione sulle modalità previste della legge, vediamo come il 91,1% dei medici che giudica positive le conseguenze aveva espresso una valutazione positiva della legge, mentre il 60% dei medici che dà un giudizio negativo aveva valutato negativamente la

Dott.ssa Roberta Marangoni – Psicologa Psicoterapeuta

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