DIRE DI SI, DIRE DI NO

Fin dai primi anni di vita ci formiamo un concetto su noi stessi sulla base di numerose variabili: le relazioni precoci, le esperienze vissute, la storia di apprendimento, il tipo di educazione ricevuta, ma soprattutto l’immagine che hanno di noi le persone significative (i genitori in primis, gli insegnanti….), che sono per il bambino dei punti di riferimento, che rafforzano o reprimono i suoi comportamenti e i modi di pensare, definendoli e creando il sistema di valori. Ad esempio se un bambino prende un bel voto a scuola e i genitori lo accolgono con un sentito “bravo”, rafforzano il suo impegno e la sua immagine di sé di bambino capace; se i genitori ritengono invece che il bambino ha semplicemente “fatto il suo dovere” e magari poteva anche “fare di più”, sminuiscono il suo impegno e contribuiscono a sviluppare in lui un’immagine negativa di sé. Nel corso di tutta la vita siamo in continua relazione con il nostro ambiente e riceviamo dei messaggi che sono fondamentali per l’immagine che abbiamo di noi stessi e degli altri, in un processo di apprendimento che ci permette di crescere e di svilupparci.

La valutazione che abbiamo di noi stessi nelle relazioni con gli altri è definita autostima ed influenza i pensieri, i comportamenti e lo stile comunicativo e relazionale utilizzato. Avere una buona autostima significa avere una visione realistica di sé, delle proprie qualità e dei propri difetti, senza valutarsi troppo negativamente per i propri punti di debolezza né troppo positivamente per i punti di forza. Se c’è discrepanza tra come ci vediamo (sé reale) e come vorremmo essere (sé ideale) insorgono problemi di autostima. Sulla base della valutazione che diamo a noi stessi, ci relazioniamo con gli altri adottando uno specifico stile comunicativo, che può essere assertivo, aggressivo o passivo; tale stile riguarda sia la comunicazione verbale che non verbale e varia in base ai contesti e alle relazioni, anche se vi è una tendenza a comportarsi prevalentemente in base ad uno stile comportamentale dominante.

Stile comportamentale assertivo

La persona assertiva è in grado di esprimere chiaramente le proprie emozioni ed opinioni, senza prevaricare sull’altro né essere prevaricato. In caso di conflitti interpersonali utilizza lo strumento della negoziazione, mantenendo il rispetto per l’altro e per sé stesso, difendendo i propri interessi ed esprimendo i propri pensieri, avendo ben chiari quali sono, allo stesso tempo, i diritti e i bisogni degli altri.

Stile comportamentale passivo

Chi ha uno stile comportamentale prevalentemente passivo non difende i propri diritti, non esprime le proprie emozioni e i propri pensieri, teme il giudizio altrui, fatica a “dire di no”, ha difficoltà a proporre iniziative e a prendere decisioni, ritiene gli altri siano “migliori” ed ha un’elevata ansia sociale, pertanto tende ad evitare ogni tipo di conflitto, sottomettendosi al volere dell’altro.

Stile comportamentale aggressivo

Chi adotta un comportamento aggressivo tende a soddisfare unicamente i propri bisogni prevaricando gli altri, ritiene di essere sempre nel giusto, attribuendo agli altri la responsabilità dei propri errori, non rispetta le idee e le emozioni altrui, che svaluta. Il suo obiettivo è “averla vinta a tutti i costi!!”.

Il comportamento assertivo non è un compromesso tra quello passivo ed aggressivo, e non è l’unico comportamento possibile per “stare bene”, ma le componenti emozionali, cognitive ed espressive devono essere calibrate a seconda della situazione, delle aspettative, degli obiettivi della persona in quel dato momento. Ad esempio il “silenzio” può essere, a seconda della situazione e del momento, un comportamento passivo (sto in silenzio perché ho paura di dire ciò che penso), aggressivo (sto in silenzio per mettere l’altro in imbarazzo e in difficoltà) o assertivo (sto in silenzio perché non c’è altro da aggiungere).

Ciò che ci permette di distinguere le varie modalità è la possibilità di scelta, il comportamento assertivo infatti è il risultato di un atto intenzionale e ragionato; tale scelta tuttavia non è possibile per tutti, ad esempio chi sperimenta una bassa autostima evita di scegliere e di agire per un eccessivo timore di sbagliare. L’esperienza clinica insegna che sono molte le persone che vivono di doveri,  precludendo a sé stesse di sperimentare le proprie emozioni e ostacolando il proprio benessere.

Per adottare una modalità di relazione interpersonale più equilibrata e costruttiva, è indispensabile concedere a se stessi dei permessi, poiché è molto difficile chiedere rispetto agli altri se noi stessi non siamo convinti di meritarlo.

Per iniziare a scegliere, partiamo da un interessante decalogo dei diritti assertivi, da leggere con attenzione e da tenere a mente quando ci si relaziona con gli altri:

  1. Posso avere delle idee, delle opinioni, dei punti di vista personali non necessariamente coincidenti con quelli altrui.
  2. Permetto che le mie idee, opinioni e punti di vista siano quanto meno ascoltati e presi in considerazione (non necessariamente condivisi) dalle altre persone.
  3. Posso richiedere (non pretendere!) che le altre persone soddisfino i miei bisogni e necessità.
  4. Posso dire “NO” a delle richieste senza per questo sentirmi in colpa ed egoista.
  5. Posso avere bisogni e necessità anche diversi da quelli delle altre persone.
  6. Posso provare determinati stati d’animo e manifestarli in modo assertivo se decido di farlo.
  7. Posso commettere errori.
  8. Posso cambiare parere o opinione e cambiare il modo di pensare.
  9. Posso essere realmente me stesso anche se questo significa a volte contravvenire a delle aspettative esterne.
  10. Posso dire: “non capisco” e “non mi interessa”.

 

         Articolo scritto da: Roberta Marangoni

      Psicologa, Psicoterapeuta, Psicologa Forense

 

 

 

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